Il Blog di Luca C.

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Per la serie “i film che nessuno guarda perché passano inosservati” vorrei proporvi questo grazioso e tenero lungometraggio diretto da Giuseppe Battiston. Si intitola Io vivo altrove! liberamente ispirato al romanzo Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert ed è un inno alla caparbietà a seguire i propri sogni nonostante le difficoltà. I protagonisti sono due, si chiamano entrambi Fausto e si conoscono in occasione di una gita in campagna per un corso di fotografia. Uno, bibliotecario (Giuseppe Battiston) e l’altro, elettricista (Rolando Ravello), confessano di essere entrambi frustrati e demotivati da troppo tempo. Insieme decidono, dopo essersi dimessi dal proprio lavoro, di intraprendere una nuova vita in campagna lontano dalla città: andranno a vivere nel cascinale ereditato dopo la morte della nonna del bibliotecario. Presto i due ingenui protagonisti dovranno fare i conti con una realtà che non si aspettavano: un cascinale totalmente da ristrutturare, l’incapacità di lavorare la terra e le ostilità della gente del paese. Tutto questo creerà delle situazioni tragicomiche e, ovviamente, l’inasprirsi del rapporto tra i due Fausto. Riusciranno i protagonisti a ritrovare la giusta sintonia per proseguire la realizzazione dei propri sogni?

Il libro: chiariamo subito una cosa, l’autore del libro Alessandro De Rosa non ha scritto una biografia su Ennio Morricone, bensì una lunghissima conversazione avvenuta tra lui e il Maestro Ennio Morricone. Ovviamente si ripercorre la vita lavorativa del grande compositore, le sue idee sulla musica, da quella che lui definiva “assoluta” a quella che si presta ad accompagnare altre arti (in questo caso il cinema). Si comincia ovviamente con i film e le musiche che hanno reso Ennio Morricone famoso in tutto il mondo (gli spaghetti western di Sergio Leone, per intenderci). Non si parla solo di registi e cinema, ma anche, come scritto poc’anzi, della musica “assoluta” ovvero di quella musica scritta fine a sé stessa per essere suonata, ascoltata e goduta per quello che è. Per raggiungere l’obiettivo bisogna avere studiato duramente, scendere a compromessi, ma anche conoscere il più possibile tutte le realtà intorno a noi e avere la mente aperta a 360° per trovare, infine, quel suono perfetto (il proprio suono) da troppo tempo inseguito come una chimera.

Il mio giudizio: abbandonate l’idea che questo libro parli solo delle musiche ultra conosciute di Ennio Morricone e dei film che esse accompagnano. Qui si discute in maniera approfondita di come nasce la musica, delle sue influenze sull’animo di chi compone e di chi ascolta, di sperimentazioni, di libertà e costrizioni. Si discorre di musica “colta” contemporanea, quella che il pubblico, per così dire, “normale” non apprezza perché non la capisce. Dov’è il limite tra sperimentazione e provocazione? Finalmente con questo libro Ennio Morricone ci spiega cosa c’è dietro questo genere di musica “astratta” definita a partire dal 1900 “contemporanea” o di “avanguardia”. Inseguendo quel suono è un libro che ci arricchisce, che ci permette di conoscere le altre opere del Maestro e di scoprire molti altri film da lui musicati. Vi avviso che ci sono alcuni passaggi difficili da capire per chi non ha studiato musica e composizione, quindi vi invito a leggerli per quello che sono e, se avete voglia di approfondire, ad avere a portata di mano Youtube e Google.

Le citazioni: La musica di avanguardia […] si è distaccata dal pubblico di massa sempre più decisamente […]. Molto spesso oggi ci si confonde fra definizioni: musica classica, moderna o contemporanea si mischiano alla musica di consumo con una tale approssimazione e facilità che emerge tutta l’ignoranza e la mancanza di un pensiero cosciente e critico su ciò che accade musicalmente oggi. Inoltre, la società dei consumi […] ha investito parecchio sulla pubblicità. E la pubblicità richiede una semplificazione massima […]. […] non punta a svegliare la coscienza […]. Questo per il compositore può significare tecnicamente diverse cose: inseguire […] l’impiego del sistema tonale tradizionale e, ovviamente, ridurre al massimo le mutazioni e le variazioni di questi parametri, puntare sulla ripetitività […]. Ecco le chiavi del successo (che poi talvolta sono criteri in comune con ciò che sappiamo della musica primitiva). Tutti questi elementi […] diventano a loro volta una maniera di esprimersi, abituando sempre di più il pubblico a ciò che già conosce, a non cercare l’esperienza nuova, a non pensare, quindi a consumare passivamente. Le numerose invenzioni tecnologiche […] la facilità con cui oggi ci si può improvvisare musicisti […] hanno gonfiato prodotti di dubbio valore in maniera eccessiva. Per il grande pubblico, la «musica elettronica» non è […] una musica solitamente di ricerca e sperimentazione -, ma viene confusa con quella da discoteca e dei DJ, o di alcuni gruppi rock o pop.

Credo che troppo spesso sia proprio all’interno di queste contraddizioni che si produce un equivoco nell’educazione che si dà ai giovani […], ma anche a chi non ha gli strumenti per confrontare il presente con altri momenti della storia. L’equivoco nasce dall’invasione e dall’alta diffusione di alcune musiche che sono messe in vendita e distribuite. In questo modo alle nuove generazioni vengono offerte una tale quantità e una tale varietà che difficilmente potranno destreggiarsi sul come e cosa scegliere, per approfondire qualcosa che vogliono veramente conoscere. Gran parte degli investimenti discografici, inoltre, sono rivolti al mondo commerciale, alla canzone: la spirale che si genera punta la massimo profitto con il minor investimento. Anche per questo è riscontrabile un appiattimento generalizzato della cultura musicale, dell’ascolto e della comprensione: oggi la si «consuma», e molto spesso non è più di un sottofondo in un negozio. La rivoluzione tecnologica […] meccanica prima, e digitale poi, aveva offerto una grande possibilità alla musica di svincolarsi dalle proprie provenienze culturali e sociali e arrivare a tutti. Ma la direzione imboccata in questi anni sta portando sempre più a un consumismo generalizzato. […] Il condizionamento determinato da questo sistema così complesso è molto forte e genera confusione […]. Tutto questo discorso riguarda in particolar modo i giovani […]. Le difficoltà ci sono sempre state, ma certo qualcosa oggi è cambiato e bisogna stare all’erta.

Per info: Ennio Morricone – Alessandro De Rosa, Inseguendo quel suono, Edizioni Mondadori, 2016

Il libro: a differenza di molti italiani a me piace leggere, pochi libri all’anno, ma li leggo con calma e li assaporo giorno per giorno. E’ da un po’ di tempo che prediligo i saggi ai romanzi, forse per colmare quel vuoto culturale che sento costantemente dentro me. La curiosità e l’interesse per qualcosa sono il motore di tutto. Alcuni mesi fa passeggiando in una delle poche librerie ancora aperte mi è capitato sotto gli occhi il libro di Corrado Augias Questa nostra Italia. Corrado Augias visto in televisione lo considero un po’ come Piero Angela: con una divulgazione semplice, chiara e alla portata di tutti non ti stufi mai di ascoltarli. Ritornando al libro, la lettura della quarta di copertina mi ha convinto all’acquisto: Perché possiamo dirci italiani? A dispetto delle tante divisioni, storiche e attuali, c’è qualcosa che ci accomuna. Una serie di tratti che ci rendono immediatamente riconoscibili in qualsiasi luogo del mondo; nel male ma anche nel bene. Scrivendo anche di episodi personali, Augias attraversa l’Italia partendo da Torino per raggiungere Palermo descrivendo luoghi, persone, opere d’arte, fatti storici con la costante ricerca della nostra italianità e delle cose che ci accomunano nonostante le tante differenze. Questa nostra Italia è un bel libro che con la sua semplicità di lettura consiglio vivamente a tutti perché ci permette di ripercorrere e riscoprire memorie dimenticate che consideriamo ovvie, scontate o superate. Una bella rispolverata della nostra Storia ci vuole proprio, soprattutto in questo attuale periodo storico: come scrivevo poc’anzi, basta avere un po’ di curiosità e un minimo d’interesse e forse possiamo ancora salvarci.

La citazione: Nella penisola la nazione, non lo Stato, ripeto, la nazione, s’è formata in primo luogo sulla lingua […] non è facile definire una precisa identità italiana, anche se certamente esiste. C’è una fisionomia profonda che prescinde dall’unità politica arrivata tardi e probabilmente male […]. Bisogna andare a cercarla, l’identità italiana, nelle città e nei borghi, nelle campagne e nei castelli, nelle pieghe del tempo e nell’ombra di certi passaggi dimenticati. Se si scruta con attenzione, talvolta si riesce a vederla balenare. (pag.13)

Ogni città italiana, comprese le minime, è uno spazio in cui si è trasfuso e condensato il tempo, bisogna leggerle lungo la loro doppia dimensione, lo spazio e il tempo. […] il suolo della penisola è quasi per intero una costruzione umana, cioè culturale. […] E’ quasi incredibile la capacità di previsione di coloro che scrissero – in quel povero paese che era l’Italia tra il 1946 e il 1947! – la Costituzione. Nell’articolo 9 si legge che la Repubblica insieme al patrimonio storico e artistico tutela «il paesaggio». Il paesaggio come patrimonio artistico della Nazione è un’intuizione strepitosa. Vuol dire che, per quanto in un paese uscito martoriato dalla guerra, i padri costituenti ebbero la capacità di prevedere quali guasti il territorio della Repubblica avrebbe potuto rischiare e lo tutelarono equiparandolo al patrimonio artistico. Per questa armonia, per l’incanto offerto allo sguardo consapevole, l’Italia dovrebbe essere amata di più dagli italiani, rispettata limitando le ferite, evitando le offese, tenendole quanto meno a bada. Invece, divisi anche per questo, alcuni alla difesa hanno pensato, altri no, lasciando mano libera agli scempi – un suicidio. (pagg.315, 316)

Per info: https://www.einaudi.it/catalogo-libri/narrativa-italiana/narrativa-italiana-contemporanea/questa-nostra-italia-corrado-augias-9788806232795/

Risultati immagini per momenti di trascurabile felicità locandina

Un piccolo grande film che fa riflettere sulla nostra esistenza è Momenti di trascurabile felicità di Daniele Lucchetti tratto dal libro Momenti di trascurabile infelicità di Francesco Piccolo. Non ho letto il libro, quindi non so dirvi se il film è meglio o peggio, però posso assicurarvi che ci tocca dentro nell’anima. La storia è semplice: il protagonista Paolo, interpretato da Pif, sposato e padre di due figli, muore in un incidente stradale. Giunto nell’aldilà Paolo avrà la possibilità di ritornare alla vita terrena a causa di un piccolo errore “burocratico”, ma solo per un’ora e mezza. In questo lasso di tempo il protagonista, potrà capire quali sono le cose che più gli hanno dato felicità, ma che per i suoi comportamenti egocentrici e irresponsabili ha sempre trascurato rendendogli la vita grigia. Insomma, un film che ci fa riflettere su quanto, spesso, tendiamo a dare più attenzione a cose superflue, mentre la felicità è quasi sempre sotto il naso e non sappiamo coglierla. Allo scoccare del termine del tempo concessogli, Paolo dovrà essere accompagnato nell’aldilà imboccando la strada in cui ha avuto l’incidente ripetendolo per la seconda volta, ma egli rifiuta la sua morte prematura.

Per info: https://www.einaudi.it/autori/francesco-piccolo/

Altri film consigliati:

Il libro: In Iperconessi Jean M. Twenge spiega in maniera egregia il cambiamento sociale che è avvenuto con l’avvento di Internet. In particolar modo si tratta di uno studio sulle nuove generazioni, ovvero gli iGen nati a cavallo tra il XX e il XXI secolo, e sugli effetti negativi del troppo tempo trascorso davanti agli schermi degli smartphone. Ci si domanda cosa rende così vulnerabili psicologicamente i giovani di oggi rispetto a quelli del passato confrontando gli studi fatti sui Baby Boomer, sulla Generazione X e sui Millennial. L’autrice del libro fa riferimento alla popolazione degli Stati Uniti, ma si possono fare i paragoni con quello che sta avvenendo da noi in Italia. Non sempre le situazioni che vengono descritte nel libro si vivono nella nostra nazione, almeno per quel che osservo io. Posso dire che ho avvertito una certa inquietudine leggendo gli effetti negativi che Internet ha sui nostri giovani, ma anche noi adulti. La comodità a cui ci ha abituato Internet è sconcertante, per non parlare della dipendenza (in alcuni casi patologica!) dalle reti sociali rendendoci più soli e vulnerabili. E’ molto interessante il questionario iniziale per capire quanto siamo iGen anche noi adulti. Da qui in poi parte lo studio sulla solitudine, sugli attacchi di panico e ansia, sulla depressione, sull’astinenza sociale e sessuale dei nostri giovani (e anche di noi adulti), sulle situazioni di cyber-bullismo, eccetera, eccetera. Perché una volta si era più “forti”, meno insofferenti, più incoscienti, meno “protetti”, più liberi e sicuramenti più sani? Perché gli adolescenti diventano adulti sempre più tardi? Una parte delle colpe è da attribuire anche alla crisi economica iniziata il primo decennio del 2000? C’è una soluzione? Sì, la soluzione c’è, è possibile e tutto sommato è abbastanza semplice e scontata. Come sempre dipende dalla forza di volontà di ognuno di noi.

La citazione: […] gli iGen sono spaventati, forse addirittura terrorizzati. Sono cresciuti lentamente […] sono arrivati all’adolescenza in un’epoca in cui la loro principale attività è fissare un piccolo schermo rettangolare che può apprezzarli o rifiutarli. […] Il risultato è che sono sia la generazione più sicura sul piano fisico, sia la più fragile sul piano mentale. […] Se riescono letteralmente a mollare la presa sul telefono e si tolgono il pesante mantello della paura di dosso, possono ancora spiccare il volo. E noialtri saremo lì, a fare il tifo per loro.

Per info: https://www.einaudi.it/catalogo-libri/problemi-contemporanei/iperconnessi-jean-m-twenge-9788806238568/


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