Il Blog di Luca C.

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Il libro: chiariamo subito una cosa, l’autore del libro Alessandro De Rosa non ha scritto una biografia su Ennio Morricone, bensì una lunghissima conversazione avvenuta tra lui e il Maestro Ennio Morricone. Ovviamente si ripercorre la vita lavorativa del grande compositore, le sue idee sulla musica, da quella che lui definiva “assoluta” a quella che si presta ad accompagnare altre arti (in questo caso il cinema). Si comincia ovviamente con i film e le musiche che hanno reso Ennio Morricone famoso in tutto il mondo (gli spaghetti western di Sergio Leone, per intenderci). Non si parla solo di registi e cinema, ma anche, come scritto poc’anzi, della musica “assoluta” ovvero di quella musica scritta fine a sé stessa per essere suonata, ascoltata e goduta per quello che è. Per raggiungere l’obiettivo bisogna avere studiato duramente, scendere a compromessi, ma anche conoscere il più possibile tutte le realtà intorno a noi e avere la mente aperta a 360° per trovare, infine, quel suono perfetto (il proprio suono) da troppo tempo inseguito come una chimera.

Il mio giudizio: abbandonate l’idea che questo libro parli solo delle musiche ultra conosciute di Ennio Morricone e dei film che esse accompagnano. Qui si discute in maniera approfondita di come nasce la musica, delle sue influenze sull’animo di chi compone e di chi ascolta, di sperimentazioni, di libertà e costrizioni. Si discorre di musica “colta” contemporanea, quella che il pubblico, per così dire, “normale” non apprezza perché non la capisce. Dov’è il limite tra sperimentazione e provocazione? Finalmente con questo libro Ennio Morricone ci spiega cosa c’è dietro questo genere di musica “astratta” definita a partire dal 1900 “contemporanea” o di “avanguardia”. Inseguendo quel suono è un libro che ci arricchisce, che ci permette di conoscere le altre opere del Maestro e di scoprire molti altri film da lui musicati. Vi avviso che ci sono alcuni passaggi difficili da capire per chi non ha studiato musica e composizione, quindi vi invito a leggerli per quello che sono e, se avete voglia di approfondire, ad avere a portata di mano Youtube e Google.

Le citazioni: La musica di avanguardia […] si è distaccata dal pubblico di massa sempre più decisamente […]. Molto spesso oggi ci si confonde fra definizioni: musica classica, moderna o contemporanea si mischiano alla musica di consumo con una tale approssimazione e facilità che emerge tutta l’ignoranza e la mancanza di un pensiero cosciente e critico su ciò che accade musicalmente oggi. Inoltre, la società dei consumi […] ha investito parecchio sulla pubblicità. E la pubblicità richiede una semplificazione massima […]. […] non punta a svegliare la coscienza […]. Questo per il compositore può significare tecnicamente diverse cose: inseguire […] l’impiego del sistema tonale tradizionale e, ovviamente, ridurre al massimo le mutazioni e le variazioni di questi parametri, puntare sulla ripetitività […]. Ecco le chiavi del successo (che poi talvolta sono criteri in comune con ciò che sappiamo della musica primitiva). Tutti questi elementi […] diventano a loro volta una maniera di esprimersi, abituando sempre di più il pubblico a ciò che già conosce, a non cercare l’esperienza nuova, a non pensare, quindi a consumare passivamente. Le numerose invenzioni tecnologiche […] la facilità con cui oggi ci si può improvvisare musicisti […] hanno gonfiato prodotti di dubbio valore in maniera eccessiva. Per il grande pubblico, la «musica elettronica» non è […] una musica solitamente di ricerca e sperimentazione -, ma viene confusa con quella da discoteca e dei DJ, o di alcuni gruppi rock o pop.

Credo che troppo spesso sia proprio all’interno di queste contraddizioni che si produce un equivoco nell’educazione che si dà ai giovani […], ma anche a chi non ha gli strumenti per confrontare il presente con altri momenti della storia. L’equivoco nasce dall’invasione e dall’alta diffusione di alcune musiche che sono messe in vendita e distribuite. In questo modo alle nuove generazioni vengono offerte una tale quantità e una tale varietà che difficilmente potranno destreggiarsi sul come e cosa scegliere, per approfondire qualcosa che vogliono veramente conoscere. Gran parte degli investimenti discografici, inoltre, sono rivolti al mondo commerciale, alla canzone: la spirale che si genera punta la massimo profitto con il minor investimento. Anche per questo è riscontrabile un appiattimento generalizzato della cultura musicale, dell’ascolto e della comprensione: oggi la si «consuma», e molto spesso non è più di un sottofondo in un negozio. La rivoluzione tecnologica […] meccanica prima, e digitale poi, aveva offerto una grande possibilità alla musica di svincolarsi dalle proprie provenienze culturali e sociali e arrivare a tutti. Ma la direzione imboccata in questi anni sta portando sempre più a un consumismo generalizzato. […] Il condizionamento determinato da questo sistema così complesso è molto forte e genera confusione […]. Tutto questo discorso riguarda in particolar modo i giovani […]. Le difficoltà ci sono sempre state, ma certo qualcosa oggi è cambiato e bisogna stare all’erta.

Per info: Ennio Morricone – Alessandro De Rosa, Inseguendo quel suono, Edizioni Mondadori, 2016

Il caso Olivetti. La IBM, la CIA, la Guerra fredda e la misteriosa fine del primo personal computer della storia

Il libro: L’autrice di questo interessantissimo saggio Il caso Olivetti (La IBM, la CIA, la Guerra Fredda e la misteriosa fine del primo personal computer della storia) ripercorre l’intera vita della famiglia Olivetti e della famosa azienda di macchine da scrivere, dalla sua nascita alla sua demolizione. Ma ciò che attira l’attenzione di Meryle Secrest è il sospetto che le morti di alcune delle figure principali della Olivetti non siano state tristi causalità. Studiando approfonditamente le situazioni economiche e politiche del secondo dopoguerra vengono a galla fatti che fanno supporre che il ramo elettronico all’avanguardia della Olivetti (e di conseguenza l’intera azienda) sia stato oggetto di “forti pressioni” da parte degli Stati Uniti d’America.

Il mio giudizio: ho letto con grande interesse il libro di Meryle Secrest e sono rimasto stupito (e anche amareggiato) dall’enorme quantità di personaggi e situazioni che entrarono in gioco per sabotare e fermare una delle eccellenze italiane, all’epoca, nel mondo. Il modus operandi della famiglia Olivetti fu visto come minaccia per gli Stati Uniti d’America e lo sviluppo del mondo occidentale. L’italia del secondo dopoguerra si trovava esattamente sulla linea di divisione tra l’occidentale capitalista e l’orientale comunista in piena guerra fredda. Era inaccettabile che un’azienda italiana avesse creato il primo PC desktop e cercasse di trovare consensi anche nel blocco orientale. Alcune parti del libro, in particolar modo all’inizio, potrebbero risultare un po’ noiose in quanto Meryle Secrest descrive a grandi linee la situazione economica e politica italiana a partire dalla prima guerra mondiale concentrandosi sui luoghi in cui visse la famiglia Olivetti, ovvero il Piemonte e la città di Ivrea. Si tratta però di una scelta obbligata per essere compresi anche da un pubblico straniero che potrebbe ignorare questi importanti dettagli che noi italiani dovremmo già conoscere. Comunque un ripasso di storia non fa mai male!

Le citazioni: “Non ci avevano educati a quel modo. Inoltre si erano sviluppate forze che lavoravano assieme, mentre noi eravamo in competizione con la FIAT; non per il tipo di produzione, ma per il modo in cui operavamo: a causa della nostra filosofia aziendale. Se andate alla FIAT vedrete che la fabbrica è circondata da mura. Noi non avevamo mura.”

Le vite dei tre uomini – Adriano, Camillo e Roberto – sono sospese, perché sospesa è la loro storia. Perché il loro lavoro fu deliberatamente ostacolato, interrotto, abbandonato, confuso o rubato, stretto da tralci nascosti che verificarono ciò che era stato avviato con tanta cura, energia e buona volontà. […] Anche l’Olivetti è finita nel dimenticatoio.

La città Olivetti incarnava “un’eredità per tutta l’umanità” Aveva avuto successo perché aveva dato vita a una relazione positiva e persino ideale tra l’uomo e il suo lavoro. […] “La fabbrica non solo come produttrice di beni, ma come produttrice di bene“.

Per info: Il caso Olivetti. La IBM, la CIA, la Guerra fredda e la misteriosa fine del primo personal computer della storia – Meryle Secrest – Libro – Mondadori Store

Il riassunto: Ove è un uomo che si “è fatto da solo” partendo da un adolescenza travagliata. E’ cresciuto imparando duri mestieri e sviluppando un carattere a dir poco scontroso ed è molto ligio all’ordine. Cova un odio verso i “burocrati”. Nonostante ciò, riesce a conoscere l’amore della vita che lo rispetta per quello che è perché in fondo Ove non è quello che sembra, a detta di tutti “un vecchio inacidito”. La Vita sarà molto dura con Ove: prima gli mette la moglie su una sedia a rotelle a causa di un incidente e poi le fa venire il cancro. Questa situazione accresce in Ove l’odio verso i “burocrati” che gli vogliono portar via, in una casa di cura, l’unico motivo della sua esistenza. Finché la moglie resterà in vita Ove combatterà. In seguito inizierà a pensare al suicidio, ma ogni volta che prova ad escogitare un modo per morire in santa pace c’è sempre qualcosa o qualcuno che lo blocca: i vicini di casa rompiscatole e un gatto randagio. Lentamente Ove si accorgerà che ha ancora dei motivi per cui vale la pena di vivere.

Il mio giudizio personale: nonostante la vicenda appaia tragica, il libro si legge velocemente perché la storia affascina e il protagonista diventerà il nostro eroe. Ove è il classico burbero dal cuore grande! Non mancano i momenti in cui si sorride, si ride e ci si commuove. Chissà che non ci sia un bravo regista che decida di farne un film, magari da presentare nel periodo natalizio. Secondo me sarebbe un successo! Anzi, ora che sto consultando Wikipedia scopro che il film (del regista Hannes Holm) è uscito nel 2015, guarda caso il 25 dicembre. Sarà presentato in Italia nel 2017 distribuito da Academy Two, almeno così dicono, ed è candidato a due premi Oscar.

La citazione: La morte è una cosa curiosa. Viviamo tutta la vita come se non esistesse, ma il più delle volte è una delle ragioni in assoluto più importanti per vivere. Alcuni di noi ne diventano consapevoli così in fretta che vivono più intensamente, più ostinatamente, e in maniera più furiosa. Altri necessitano della sua costante presenza per sentirsi vivi. Altri ancora finiscono per accomodarsi nella sua sala d’attesa molto tempo prima che lei abbia annunciato il suo arrivo. La temiamo, eppure la gran parte di noi teme soprattutto l’eventualità che colpisca qualcun altro, qualcuno a cui vogliamo bene. Perché la più grande paura legata alla morte è che ci passi accanto. Che si prenda chi amiamo. E che ci lasci soli.

Info:

http://www.mondadoristore.it/uomo-che-metteva-ordine-mondo-Fredrik-Backman/eai978880465943/

http://www.fredrikbackman.com/

Trailer ufficiale del film:

… per iniziare con il sorriso e un po’ di fiducia il 2017.

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Ho sempre avuto e non so perché – non ne avevo ragione, in verità – una fiducia incrollabile nella mia riuscita. Anche quando a Milano dormivo dentro i portoni, nella case in costruzione, alla stazione, per strada, che con tutto il rispetto, i centri d’accoglienza per migranti di oggi sono alberghi in confronto… mi dicevo, dura poco, è momentaneo. Un giorno sarò ricco e famoso e firmerò gli autografi. Tutto si aggiusta. E’ un buon modo di affrontare la vita. Lo consiglio anche a chi non volesse sfondare nel mondo del cinema o della tv: ma se avete un obiettivo siate caparbi, siate affamati. Siate lungimiranti, seguite il profumo del futuro, non la scia di formaggio del passato, che quella non nutre. Così convinsi la mia sposa novella a sorridere e baciarmi.

(Lino Banfi, Ho(t)tanta voglia di raccontarvi… la mia mia vita e altre stronzéte, Mondadori, 2016)

I giovani chiedono lavoro, che significa avere una dignità, partecipare alla vita sociale, potersi costruire una famiglia, una casa, un avvenire. Il problema è trovare il modo giusto. La più grande fortuna dell’uomo è non conoscere il proprio futuro. Lamentarsi prima di scoprirlo, pensare che il futuro coincida con il destino, rassegnarsi all’idea che tanto a decidere sono sempre gli altri, è di sicuro il modo peggiore. Meglio inquadrare il presente in un contesto, essere consapevoli che i nostri nonni hanno affrontato difficoltà anche più grandi, e che i padri sono cresciuti senza le opportunità che il mondo globale e digitale oggi offre. Altrimenti si finisce come certi viaggiatori mancati che attribuiscono troppa importanza alle previsioni meteo […]. Troppo spesso si sente dire: “Ci stanno rubando il futuro”. Chi ce lo sta rubando? Le multinazionali, gli asiatici, la casta, lo spread? Ma il futuro dipende soprattutto da noi, dalla nostra capacità di studiare, di crescere, di sacrificarci, di cambiare. Troppo spesso di sente dire “questo paese”. Spesso lo si dice con rabbia, sempre con distacco. La rabbia è giustificata, a volte doverosa; il distacco no. Non possiamo chiamarci fuori. Falcone e Borsellino, i caduti di Nassiriya e di Herat, donne quasi sconosciute come suor Leonella, l’infermiera assassinata a Mogadiscio […], o come Barbara De Anna […], non si sono chiamati fuori. Non dite “questo paese”. Diciamo “il nostro paese”. Non necessariamente “il Belpaese” […]. Ma questa è l’unica Italia che abbiamo. Criticarla è giusto; si critica quel che si ama. Ma non possiamo gettarla via. Possiamo renderla migliore, un poco alla volta, ognuno per la sua parte. Senza piagnucolare, però: compiangerci non serve a nulla. Basta piangere.

(Aldo Cazzullo, Basta piangere!, 2013)

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