Il Blog di Luca C.

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Buon anno fratello, buon anno davvero. Io spero sia bello, sia bello e leggero,
Che voli sul filo dei tuoi desideri,
Ti porti momenti profondi e i misteri
Rimangano dolci misteri,
Che niente modifichi i fatti di ieri.
Ti auguro pace, risate e fatica,
Trovare dei fiori nei campi d’ortica.
Ti auguro viaggi in paesi lontani,
Lavori da compiere con le tue mani
E figli che crescono e poi vanno via
Attratti dal volto della fantasia.
Buon anno fratello, buon anno ai tuoi occhi,
Alle mani, alle braccia, ai polpacci, ai ginocchi.
Buon anno ai tuoi piedi, alla spina dorsale,
Alla pelle, alle spalle, al tuo grande ideale.
Buon anno fratello, buon anno davvero. Io spero sia bello, sia bello e leggero,
Che ti porti scompiglio e progetti sballati
E frutta e panini ai tuoi sogni affamati,
Ti porti chilometri e guance arrossate,
Albe azzurre e tramonti di belle giornate
e semafori verdi e prudenza e coraggio
Ed un pesce d’aprile e una festa di maggio.
Buon anno alla tua luna, buon anno al tuo sole,
Buon anno alle tue orecchie e alle mie parole
Buon anno a tutto il sangue che ti scorre nelle vene
E che quando batte a tempo dice “andrà tutto bene”.
Buon anno fratello e non fare cazzate,
Le pene van via così come son nate.
Ti auguro amore, quintali d’amore,
Palazzi, quartieri, paesi d’amore,
Pianeti d’amore, universi d’amore,
Istanti, minuti, giornate d’amore.
Ti auguro un anno d’amore, fratello mio,
L’amore del mondo e quello di Dio.

(Jovanotti, Buon anno, Lorenzo 1999 – Capo Horn, 1999)

Quest’anno ho deciso di abbandonare il consueto appuntamento con il resoconto degli ultimi undici mesi appena trascorsi. Niente più oroscopi, grafici, commenti ironici che forse, anzi sicuramente, non sono nemmeno riuscito ad esprimere. Beh, provate voi a descrivere la vostre vite in chiave comica o ironica. Penso che sia la cosa più difficile far ridere prendendosi poco sul serio. Ho scelto di descrivere il 2023 con una canzone che più di ogni altra ho ascoltato in quest’anno faticoso e tragico in cui spesso sono stato avvolto dai sentimenti più cupi, dalla rabbia alla rassegnazione, dalla solitudine alla tristezza e alla nostalgia. Si tratta di Più di quanto ti ho amato di Ron che più volte mi ha commosso e alla quale ho dato due mie personali interpretazioni.

Una bellissima, nostalgica e commovente lettera al proprio IO giovane o, se vogliamo, bambino interiore che con il passare degli anni allontaniamo sempre più da noi stessi e, complici stili di vita volti al consumismo, regole per lo più inutili e mode assurde che ci impongono, impariamo, ahimè, a non ascoltarlo più convincendoci che la felicità risiede in quello che ci propina la società odierna sempre più devota al dio denaro, in cui è più importante quello che si ha piuttosto che quello che si è. Il nostro bambino è sempre lì con noi a indicarci la strada, ma non siamo più in grado di prestargli attenzione finché non inizia ad alzare la voce fino ad urlare. Solo allora, forse, saremo in grado di fermare le nostre vite frenetiche e prendere consapevolezza della sua preziosa presenza e della nostra lunga assenza. Prima che sia troppo tardi ritroviamo il nostro bambino interiore, fidiamoci di lui, ascoltiamolo (ci), amiamolo (ci), perdoniamolo (ci) e facciamo pace con lui, con noi stessi e con gli altri.

Forse, più semplicemente, senza tante interpretazioni psicologiche la canzone è una presa di coscienza del tempo che passa e che le persone e, aggiungo, gli animali più cari a noi e più anziani iniziano a lasciarci creando un vuoto sempre più grande che non riusciamo a colmare mentre i giorni, i mesi e gli anni corrono e passano sempre più veloci lasciando alle spalle il periodo in cui tutto ci sembrava più facile. Quel vuoto che non riusciamo a colmare potrebbe diventare più piccolo se iniziassimo a stare più vicini ai nostri cari più vecchi non in senso assistenziale, ma partecipando insieme alla Vita finché il tempo e la salute ce lo permettono evitando così inutili ripensamenti e sensi di colpa.

Perché la vita è un istante […] quando meno te lo aspetti cambia faccia e come un treno ti attraversa. Parola di Ron.

La prima volta che ho ascoltato Più di quanto ti ho amato ho avuto l’impressione che quelle parole fossero indirizzate a me raggiungendo direttamente il cuore merito della profondità del testo e dell’interpretazione di Ron. Ho deciso di inserire in questo post la versione originale presente nel disco Sono un figlio perché in quella video è stato modificato l’arrangiamento musicale in chiave più “rock” con l’aggiunta di più percussioni e chitarre elettriche distorte che, a mio parere, fanno perdere l’attenzione dal testo della canzone. Forse perché è proprio vero che fa paura esplorarci dentro nell’anima ed è più facile e conveniente rimanere sul piano mentale.

Buon ascolto.

Vorrei guardarmi con gli occhi degli altri, capire chi sono

Ché non è facile amare se stessi e dirsi perdono

Immaginarti al mio posto di fronte alle scelte importanti

In questa guerra di sogni dove la vita è un istante

Vorrei vedere le luci del mondo riaccendere il buio

Partire di notte e sentire il respiro del cielo e di tutte le terre

E ritrovarci a parlare davanti alle nostre promesse

Non sentire la distanza di questa felicità

Mi manchi così tanto più di quanto ti ho amato

Ti aspetterò qui dentro dove non ti ho mai lasciato

Mi manchi così tanto…

Lo senti questo vento e questa musica lontana?

Vorrei tornare al profumo di arancia e alla mia prima casa

Dove correvano la gioia nel sangue e i cani per strada

E respirati nell’aria fidandomi ancora di te

Che mi appartieni da sempre come la pioggia alle foglie

Mi manchi così tanto più di quanto ti ho amato

Ti aspetterò qui dentro dove non ti ho mai lasciato

Mi manchi così tanto…

E noi con gli occhi grandi ancora pieni di bellezza

Suonavamo sul mare coi piedi per terra

Ma la vita ti commuove, ti sorprende e ti accarezza

E quando meno te lo aspetti cambia faccia

E come un treno ti attraversa

Mi manchi così tanto…

Mi manchi così tanto più di quanto ti ho amato

Lo senti questo vento e questa musica?

(Ron, Più di quanto ti ho amato, Sono un figlio, 2022)

Nonostante i due anni di pandemia la rassegna Open House Torino non si è mai fermata e anche per il 2023 si è ripetuta ancora più ricca di opportunità e visite grazie ai volontari. Quest’anno ho optato per un tour guidato nel quartiere San Donato con tema Birra e Cioccolato. La passeggiata è iniziata in via Balbis angolo via Avet dove si può osservare che le strade sono storte e hanno notevoli dislivelli. Notoriamente Torino ha la maggior parte delle strade perpendicolari tra di loro, tradizione ereditata dai tempi dell’Antica Roma. Alcune vie sono diagonali o curve perché seguivano le mura della città o perché in tempi remoti erano dei canali che servivano a irrigare i campi o portare energia alle prime fabbriche che nascevano appena fuori dalla città. Vi propongo un sunto della piacevole e dettagliata spiegazione della simpatica e preparata guida. Ebbene, in via Balbis erano presenti delle concerie e il canale passava nelle immediate vicinanze e l’acqua arrivava dal canale Ceronda (3) direttamente dalla Pellerina attraverso via San Donato per poi terminare il suo corso nel fiume Dora. Ma quello che è importante conoscere è che al posto della vecchia conceria di via Balbis 12 nacque la Caffarel (1) azienda che lavorava il cioccolato e creò il famoso cioccolatino simbolo di Torino, il Giandujotto. Poco più avanti all’angolo con corso Principe Oddone nacque un’altra famosa azienda dolciaria, ovvero la Talmone (2) che fu trasformata in un condominio dopo il trasferimento. Ma a Torino si stava anche diffondendo un’altra attività, quella della produzione di birra e proprio di fronte all’ex azienda Talmone vi è un grande fabbricato che era la Birraria Bosio & Caratsh (4). La birra veniva esportata all’estero anche fino in Nord Africa. L’impresario svizzero Caratsh si fece costruire un Villino (5) (oggi sede degli uffici dell’autostrada Torino-Milano) in stile montanaro tipico svizzero con i tetti spioventi in rame adiacente alla sua ditta. La passeggiata continua in via Miglietti (6) dove c’era un bagno pubblico e l’ufficio del bibliotecario di Torino e una distribuzione di libri. La piazza poco vicino è dedicata ad uno dei più grandi tipografi di Torino, ovvero Paravia (7). Poco dopo in via Pacinotti (8) si può notare che la via si allarga e sembra biforcarsi: questo perché il canale scorreva nella via e si divideva in due e uno andava verso il parco del Valentino per essere utilizzato da altre aziende e per sfociare infine nel fiume Po. Si continua a camminare verso via San Donato fino al supermercato Carrefour Express che ha preso il posto di un altro birrificio: Metzger (9). Anche in questo caso è stata mantenuta intatta la vecchia struttura esterna. L’interessante visita di circa due ore finisce qui e decido di proseguire su via San Donato verso corso Tassoni dove si può notare che via San Donato è divisa in due da un viale pedonale alberato detto Balconata di Via San Donato (10) ed è così che mi ritorna in mente di aver letto che proprio in quel passaggio pedonale scorreva l’acqua del canale e che poco sopra c’è la Piazza dei Mestieri (11), oggi luogo di ritrovo per mangiare e assistere a concerti, ma ieri era una delle tante concerie. Ma quello che più mi ha stupito scrivendo questo post è scoprire che alcune delle attività sopracitate esistono ancora oggi! Tra le curiosità vi svelo il vero (?) significato del modo di dire piemontese fare la figura del cioccolataio. Esso non deriva, da come pensano molte persone, dal modo elegante di associare la cioccolata agli escrementi, ma deriverebbe dal fatto che il re prima di una sua uscita in città con la carrozza pretese un tiro da sei cavalli per distinguersi da un famoso e ricco cioccolataio che poteva permettersi una carrozza trainata da quattro cavalli. Tutto ciò comunque non è accertato in quanto i nobili parlavano la lingua francese e non il piemontese. Un’altra curiosità sui modi di dire è la derivazione di fare un ambaradan. Come è noto, con l’avvento del colonialismo europeo in Africa, in cui anche l’Italia fece la sua parte, l’esercito italiano sterminò la popolazione che faceva resistenza all’invasione e che viveva sul massiccio montuoso dell’Amba Aradam, con un un uso spropositato di armi chimiche tanto da scioccare le altre nazioni europee portandole a rifiutare ad avere rapporti commerciali con l’Italia. Questa situazione generò in Italia un’economia autarchica con la conseguente nascita di importanti aziende, alcune tutt’ora esistenti.

Tra due settimane è San Valentino, il giorno degli innamorati. Voglio festeggiarlo dedicando alla mia amata questa splendida canzone di Ron tratta dal suo ultimo meraviglioso lavoro discografico.

Lo so che sembra strano ed è un’impresa

Però la strada giusta è quella già intrapresa

È ripida, scoscesa e misteriosa

Tra buche e tra scossoni è piena di splendori

Ogni volta mi stupisce la magia

Di tutti quelli che, così come me,

Amano sempre la stessa persona

E della stessa persona sempre si innamorano

Si fidano sempre della stessa persona

E alla stessa persona sempre si confidano

E sotto le intemperie l’arcobaleno

Al di là delle macerie il sereno

Ci vogliono ironia e la pazienza

Parecchia fantasia e un poco d’incoscienza

La caparbietà, il romanticismo

Per tutti quelli che, così come me,

Amano sempre la stessa persona

E della stessa persona sempre si innamorano

Si fidano sempre della stessa persona

E alla stessa persona sempre si confidano

Si allontanano a volte da quella persona

però da quella persona sempre poi ritornano

Beato chi ha un po’ di fede

E nell’amore ci crede

Avevo dubbi, ma non ne ho più

Quella persona, quella persona,

Sei tu,

Sei tu.

(Ron, La stessa persona, Sono un figlio, 2022)

Diamo il benvenuto al 2023 sperando sempre che ci porti finalmente un po’ di pace e di tranquillità a livello mondiale. Nel nostro piccolo possiamo solo allenarci ogni giorno ad essere positivi e ottimisti per stare meglio con noi stessi e con il prossimo. Iniziamo a distribuire l’allegria e a contagiare gli altri con il buon umore. Poi da cosa nasce cosa…

C’è chi vede tutto nero e poi piange un anno intero, c’è chi teme sempre il peggio e non trova mai il coraggio, chi si fissa sulle spine e non guarda tutto il fiore, chi non vuole andare al mare e si abbronza al cellulare.

Ci vorrebbe una canzone che ti metta il buon umore, un’allegra melodia da cantare tutti insieme. Ci vorrebbe una canzone positiva ed ottimista che ti viene voglia di cantare.

C’è chi teme l’uomo nero ed innalza un altro muro, chi d’estate ha tanto caldo e d’inverno sente freddo. C’è chi non è mai contento col bicchiere mezzo pieno, chi non legge più il giornale e si specchia al cellulare.

Ci vorrebbe una canzone che ti metta il buon umore, un’allegra melodia da cantare tutti insieme. Ci vorrebbe una canzone positiva ed ottimista che ti viene voglia di cantare.

E se non riesci a sorridere come l’insegnante di yoga e se nessuno Like ti mette più,

Ci vorrebbe una canzone che ti metta il buon umore, un’allegra melodia da cantare tutti insieme. Ci vorrebbe una canzone positiva ed ottimista che ti viene voglia di cantare.

(Folkabbestia, Canzone ottimista, Il Fricchettone 2.0, 2019)


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